Autore: R.F. Kuang
Casa Editrice: Oscar Vault - Mondadori
Pagine: 600
Prezzo: 24.00€
Trama: Oxford, 1836. La città delle guglie sognanti. Il centro di tutta la conoscenza e l'innovazione del mondo. Al suo cuore c'è Babel, il prestigioso Royal Institute of Translation dell'Università di Oxford. La torre da cui sgorga tutto il potere dell'impero. Rimasto orfano a Canton e portato in Inghilterra da un misterioso tutore, Robin Swift credeva che Babel fosse un paradiso. Fino a che non è diventata una prigione… Può uno studente lottare contro un impero?
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"But what is the opposite of fidelity?" asked
Professor Playfair. "Betrayal. Translation means doing violence upon
the original, it means warping and distorting it for foreign, unintended
eyes. So, where does that leave us? How can we conclude except by
acknowledging that an act of translation is always an act of betrayal?"
Ho
tante cose da dire riguardo questo libro e non so neanche se riuscirò a
dirle come vorrei, a spiegarmi come vorrei, perchè Babel non è un libro
facile da recensire. Ho atteso mesi e mesi prima di leggerlo,
procrastinavo perchè temevo che non mi sarebbe piaciuto, che la mia
sarebbe stata l'ennesima recensione negativa su di un titolo molto
discusso, amato e stroncato in egual misura sia in Italia che all'estero. Terminata la lettura posso
però dire questo: Babel ha dei problemi secondo me oggettivi e altri
soggettivi. E' prolisso, molto prolisso, specialmente nella prima parte;
è spesso tedioso e la Kuang si autoincensa nel far vedere quante cose
sa di traduzione e linguistica, cosa che alla lunga può seccare e far
decidere a chi legge di non terminare la lettura. Inoltre molti dei
protagonsti mancano di spessore, sono solo utili ad un fine, senza mai
avere una vera possibilità di cambiare, di riscattarsi, di essere altro
oltre quello che sono - ovvero dei bianchi privilegiati oppure delle
persone di colore sfruttate. Se da una parte capisco questa scelta, se
ho apprezzato la critica al colonialismo, al suprematismo, ai temi che
sono sempre attuali, dall'altra mi sono chiesta quanto abbia avuto senso
introdurre certi personaggi giudicati e condannati da pg.1. Inoltre, mi
sono domandata se ha avuto davvero senso muovere determinate critiche
in un periodo storico dove il razzismo come lo intendiamo noi, così come
il sessismo, erano all'ordine del giorno, anzi qualcosa di cui neanche
ci si rendeva conto - si può essere sessisti se la società di dice che
le donne non sono altro che un bell'oggetto da mettere al braccio, se
non possono votare, se per tutta la vita la tua famiglia e la tua
società ti cresceva con questa convinzione che nessuno, ancora, metteva
in discussione? Con questo non voglio dire che questo atteggiamento sia
giustificato, anzi, ma secondo me ha pochi margini di critica e
dibattito visto il suo contesto. Ma andiamo avanti, perchè questo
argomento è troppo complesso e va oltre la semplice recensione.
Leggendo
queste righe sembra che il libro non mi sia piaciuto, ma così non è.
Babel è un buon libro, un libro valido, che mette il lettore bianco
davanti al suo privilegio, che fa riflettere su come certi atteggiamenti
in parte "tollerabili" a inizio '800 ora non siano più ammissibili,
anche se putroppo sono all'ordine del giorno. La storia di Robin può
essere la storia di tantissimi ragazzi di ogni stato europeo e non, che
sono figli del paese dove sono nati e cresciuti, ma non proprio, così
come del loro paese d'origine, ma non proprio. Robin stesso credo che
sia la vera forza del romanzo, un protagonista che ho amato dalla prima
all'ultima pagina.
E anche lo stile di Rebecca Kuang, nonostante le
piccole parentesi tediose di cui sopra, mi è piaciuto molto: lei l'ho
scoperta con Yellowface, che rimane il suo romanzo che preferisco, ma
Babel è stata conferma e sono davvero contenta che non mi abbia deluso
come temevo.
Detto questo, voglio fare una premessa: per quanto
mi sia piaciuto, Babel non è per tutti e per questo non lo consiglio in
maniera indiscriminata. Capisco perfettamente perchè non sia piaciuto,
le critiche che gli sono state mosse, quindi vi consiglio di leggerlo
con consapevolezza, perchè questo non è un libro come gli altri, non è
un libro che vuole raccontare una storia, ma comunicare un messaggio. E ci riesce forte e chiaro!
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