Pagine: 352
Prezzo: 17€ (cartaceo)
Trama: Darius Kellner ha sedici anni, vive a Portland ed è mezzo persiano da parte di madre, ma sa più il klingon di Star Trek che il farsi, e conosce meglio le usanze degli Hobbit che quelle persiane. Ora, il suo primo viaggio in Iran sta per rivoluzionargli la vita. Darius non è esattamente quello che si dice un ragazzo popolare a scuola: farsi accettare per quello che è non è mai stato semplice ed è convinto che in Iran sarà lo stesso. Ma quando abbraccia per la prima volta la nonna e incontra Sohrab, il ragazzo della porta accanto, tutto cambia. I due cominciano a trascorrere insieme le giornate giocando a calcio, mangiando faludeh e parlando per ore su un tetto, il loro posto segreto con vista sulla città di Yazd. Sohrab e la sua famiglia persiana lo chiamano Dariush, e lui non si è mai sentito se stesso come in quel momento: per la prima volta nella vita sente che forse, forse, le cose dopotutto potrebbero davvero andare bene per lui...
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"Amo
il silenzio. Anche se a volte mi fa pensare a cose tristi. Tipo se
qualcuno sentirebbe la mia mancanza casomai morissi. Ho bevuto un sorso
di tè e respirato l'odore del gelsomino e mi sono chiesto se qualcuno
sarebbe triste se venissi ucciso in un incidente d'auto o qualcosa del
genere.
E' normale. No?"
Prima di iniziare questa
recensione voglio fare una premessa: probabilmente non sarò sempre
oggettiva nelle righe che seguiranno e questo perché mi ci sono
ritrovata troppo in questo libro. Darius ha parlato alla me adolescente,
ma anche un po’ alla me trentenne, andando a toccare temi delicati e
facendolo con una delicatezza che mi ha stretto il cuore e formato un
groppo in gola per metà della lettura. In ogni caso, spero di esserlo il
più possibile – oggettiva, intendo – e che la mia recensione vi
convinca a dare una possibilità a questo libro.
Ma di che cosa, o
meglio di chi, parla questo libro? Il libro parla, come potete
immaginare, di Darius, un adolescente americano di origini persiane
appassionato di Star Treck, del Signore degli Anelli e di ogni tipologia
immaginabile di tea. Darius è quello che potremmo chiamare nerd, un
ragazzo impacciato, con problemi relazionali con suo padre e un mostro
sempre in agguato che gli sussurra all’orecchio: la depressione.
Ebbene
sì, Darius soffre di depressione, prende delle pillole per tenerla a
bada, e questo gli crea tantissime difficoltà nella vita di tutti i
giorni, una vita resa già complicata dai bulli – o come gli chiama lui i
Servi Senz’anima dell’Ortodossia – che proprio non lo lasciano in pace e
lo prendono di mira appena possono.
Essere nella sua mente non è
sempre facile, specialmente perché possiamo notare come queste dinamiche
impattino sui suoi pensieri, sulla sua autostima, sulla definizione di
se stesso.
Darius è americano, ma non proprio; è persiano, ma non
proprio; insomma, Darius non sa bene chi sia, ma potrebbe scoprirlo
quando visiterà per la prima volta la famiglia di sua madre a Yazd, in
Iran, e incontrerà per la prima volta in carne e ossa sua nonna e suo
nonno.
Yazd, infatti, non è la città che Darius immagina, fatta di
oasi e cammelli e stereotipi vari, ma una città con minareti che cantano
all’alba, macchine che sfrecciano alla velocità della luce e
ventilatori danzanti. Qui conosce Sohrab, un ragazzino della sua età che
abita a pochi passi dalla casa dei suoi nonni, e con lui instaura una
singolare amicizia priva di vergogna o (pre)giudizi, fatta di
complicità, regali inaspettati, lunghissime partite di calcio, profondo
dolore condiviso e tantissimo ta’arof. Terminato il libro, diventeranno
l’uno il migliore degli amici dell’altro.
"Nessuno mi aveva mai gettato un braccio alle spalle come aveva appena fatto Sohrab. Come se fosse perfettamente normale fare una cosa del genere a un altro ragazzo. Come se fosse una cosa che gli amici fanno normalmente l'uno con l'altro. Sohrab non ha muri dentro di sé. Amo questo aspetto di lui".
Parlando di altro, in particolare dell’ambientazione
del libro, non si può non apprezzare la minuziosità con cui Khorram
abbia scritto – e descritto – la cultura persiana. Di capitolo in
capitolo, infatti, scopriamo non solo le meraviglie artistiche e
archeologiche presenti in Iran, ma anche una cultura millenaria,
tradizioni radicate negli abitanti e usanze che profumano di spezie e
sanno di convivialità. Certo, a queste non mancano le dure critiche del
governo, ma per fortuna vengono messe in secondo piano in favore di un
popolo che si dimostra ospitale e caloroso, una famiglia che nel corso
del libro diventa anche la tua.
Come accennato prima, in questo
libro si parla di malattie mentali: Darius, proprio come suo padre da
cui l’ha ereditata, soffre di depressione. Questa condizione viene vista
ancora con diffidenza, minimizzata – non per nulla molti personaggi
chiedono ripetutamente a Darius perché è triste, come se la depressione
fosse quasi un capriccio – e accompagnata, se posso, da tanta ignoranza.
Questo accade non solo a Yazd, ma anche in America, ma anche qua in
Italia, dove chiedere aiuto per una malattia mentale è ancora fonte di
vergogna, uno stigma che bisogna nascondere.
Darius, però, non la
nasconde, cerca di combatterla come può e di accettarla nonostante i
momenti non sempre facili e i neri pensieri che arrivano a oscurare
anche i momenti più felici e luminosi. La depressione è parte di lui e
con lei si affiancano, purtroppo, altri piccoli disturbi come quello di
ripetere sempre le stesse cose ancora ancora nella propria testa, ma
anche di non riuscire ad esprimersi come vorrebbe. Per questo vi prego
di non essere “cattivi” con Darius e di portare pazienza. Sono sicura
che alla fine verrete ricompensati a dovere.
Non siete ancora
del tutto convinti di volerlo leggere? Allora vi parlerò dello stile di
scrittura. Khorram scrive in modo meraviglioso, semplice ma dritto al
punto, riuscendo a parlare sia al pubblico più giovane – giuro, non so
cosa avrei dato da adolescente per avere in libreria un libro del genere
– sia a chi l’adolescenza l’ha passata da parecchio. Iniziato il libro
mi sono ritrovata piacevolmente a macinare pagine su pagine, finendolo
in pochi giorni. Come suddetto, Darius è una perfetta voce narrante, e i
suoi riferimenti nerd a Tolkien e Star Treck vi conquisteranno dalla
primissima pagina. E poi, insomma, a uno che legge anche le Appendici
del Signore degli Anelli si può soltanto voler bene, punto!
"Nessuno
mi vuole qui" "Tutti ti vogliono qui. C'è un detto in persiano.
Tradotto diventa: "il tuo posto era vuoto". Lo diciamo quando ci manca
qualcuno. [...] Il tuo posto era vuoto, prima. Ma questa è la tua
famiglia, questo è il tuo posto"
Adesso non avete più scuse
per non leggerlo, quindi andate in libreria, sugli stores online o in
biblioteca e procuratevi una copia di questo romanzo. Non ve ne
pentirete!
VOTO FINALE: 4.5/5🌟
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Grazie mille a Rizzoli per avermi permesso di leggere questo meraviglioso libro in anteprima, per la copia cartacea gentilmente inviata e a Franci di Coffee and Books per aver organizzato l'evento.
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