venerdì 25 novembre 2022

L'Ampolla di Vetro [RECENSIONE]

 

 

 Autrice: Beatrice da Vela
Casa Editrice: Nua Edizioni
Pagine: 300
Prezzo: 18 € (cartaceo) - 4.99€ (ebook)


Trama: Mentre in Italia si avvicina l’ombra lugubre della Grande Guerra, in Val d’Elsa, la terra del vetro verde nel cuore della campagna toscana, si intrecciano le vite di quattro giovani, che il destino deciderà di unire.
Nanni è un gigante, attaccabrighe e amante delle belle donne, cresciuto con il mito della nazione e della patria. Sua moglie, Verdiana, lo ha sposato per amore, perdendo famiglia e ricchezze.
Felice è un colto vetraio socialista che non tollera le ingiustizie.
Anita, determinata a diventare maestra, sogna una vita di avventure come quelle delle eroine dei suoi libri.
Intorno a loro si sviluppano la quotidianità, le delusioni, gli amori e i misteri di due comunità, quella di Certaldo e quella di Castelfiorentino. La storia di quattro persone, la storia di tutti: il primo capitolo di una nuova saga familiare.


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"Aveva imparato dai suoi libri che la violenza generava sempre violenza e che gli uomini, fatta la guerra una volta, parevano pigliarci gusto a voler continuare"


Esce oggi, 25 Novembre, l’Ampolla di Vetro, primo di una serie di romanzi storici a tema familiare di Beatrice da Vela, che ho avuto la possibilità di leggere in anteprima grazie a Nua Edizioni, che mi ha gentilmente inviato una copia.

Le vicende iniziano poco prima del primo conflitto mondiale, a ridosso dell’inizio della Campagna di Libia del 1913 e si svolgono in Italia, precisamente in due piccoli paesi della Toscana: Certaldo e Castelfiorito. Qui vivono i nostri quattro protagonisti, due giovani uomini e due altrettanto giovani donne, che seguiremo nel corso degli anni, imparandoli a conoscere e assistendo alle loro gioie e ai loro profondi dolori. La prima coppia che seguiamo sono Nanni – detto Nannilungo – e sua moglie Verdiana: il primo è un uomo orgoglioso, con un forte senso della patria, che ha servito come soldato semplice in molte guerre ed è i primi ad arruolarsi quando in Europa le varie nazioni decidono di entrare in conflitto tra loro; Verdiana, invece, è la figlia di un ricco commerciante di pasta, che per amore di Nanni ha rinunciato a una vita di agiatezze. E’ una moglie devota, una madre fantastica, ma è anche una donna risoluta, che sa far di conto molto meglio dei suoi fratelli maschi e non si perde mai d’animo.
A loro due si contrappongono Felice e la più piccola dei protagonisti, Anita: il primo è un ragazzo apparentemente schivo (causa anche la menomazione di una delle sue gambe),  un socialista convinto che sa lavorare il vetro con maestria e che ama la cultura e i libri tanto quanto Anita, che sogna l’indipendenza e studia per diventare maestra. Loro due sono molto diversi da Nanni e Verdiana, eppure in alcuni momenti si scoprono molto simili, specialmente quando si parla della propria famiglia e dell’affetto dei loro cari.

Ne l’Ampolla di Vetro assistiamo a uno spaccato di quotidianità che, nel suo piccolo, riesce a delineare magistralmente la Storia del nostro paese in quegli anni: con uno studio attento e minuzioso, che affonda le radici nella storia dell’autrice stessa, riviviamo vividamente quel periodo storico in cui la società cambia radicalmente e i ruoli si ribaltano. La guerra, infatti, prende alla sprovvista tutti, rivelandosi molto più lunga del previsto e costringendo le donne a prendere le redini della casa, della propria vita, e dimostrare il proprio valore. Al contempo, gli uomini devono fare i conti con il fronte, con le bombe e le trincee da cui molti non torneranno; seppure la morte tocchi solo di striscio i nostri protagonisti, è innegabile come questa distrugga il paese, anche quando gli uomini tornano dal fronte – tornare non significa sempre salvezza, perché molte sono le ferite visibili e invisibili che i soldati si sono portati loro malgrado a casa.
Attraverso Nanni, Felice, Verdiana e Anita assistiamo proprio a tutte queste cose, in modo diverso ma ugualmente importante, sottolineando che tutti – anche chi rimane a casa, impossibilitato a servire il proprio paese come lo stato richiede – sono importanti per il domani, per quel futuro incerto che solo alla fine porterà la vittoria tanto agognata.

Il punto forte del romanzo sono sicuramente i personaggi – non solo i quattro citati, ma anche i personaggi minori. Ognuno di loro, infatti, viene sviluppato nei minimi dettagli, dando vita a un romanzo corale figlio del suo tempo (non troverete nessun tentativo di modernizzare alcunché qua dentro e per fortuna direi) dove anche il lettore diviene parte integrante di questa piccola comunità. Tosca, Giovanna, I’Mena, Beppe e persino la piccola Aida non sembrano personaggi di un romanzo, ma vere e proprie persone, a cui non puoi non affezionarti. Terminato il libro, mi sono subito mancati tutti e avrei voluto leggere ancora e ancora – infatti spero che il secondo capitolo di questa serie esca quanto prima.

Il libro della da Vela è una chicca tutta italiana che non si può non leggere se si è amante dei romanzi storici, ma anche di quei titoli nostrani che ci fanno riscoprire le nostre radici, catapultare in un mondo forse lontano da noi, ma che è giusto non dimenticare nonostante le parentesi buie.



sabato 19 novembre 2022

Il Ritorno del Soldato [RECENSIONE]

 



Autrice: Rebecca West
Casa Editrice: Fazi Editore
Pagine: 144
Prezzo: 16 € (cartaceo) - 8.99€ (ebook)




Trama: In una casa signorile sulle colline inglesi Kitty e Jenny, come molte connazionali, attendono trepidanti il ritorno di un uomo. Il soldato Chris Baldry, marito di Kitty e cugino di Jenny, si trova «da qualche parte in Francia» a combattere. Nessuna delle due immagina che a varcare la soglia sarà un estraneo, un uomo segnato dalla guerra in maniera indelebile, illeso nel corpo ma dalla psiche martoriata. Insieme al ricordo delle granate e delle membra dilaniate di tanti commilitoni, il trentaseienne Chris ha rimosso gli ultimi quindici anni della propria vita: non rammenta nulla del matrimonio con l’aristocratica Kitty né della tragica perdita del loro figlio, avvenuta poco prima della guerra. I suoi ricordi si fermano alle estati della giovinezza nella casa di famiglia e al primo amore, quello per Margaret, la figlia di un fattore locale. È a lei che scrive annunciando il proprio ritorno imminente e, per un crudele scherzo del destino, è proprio da lei che Kitty e Jenny ricevono la notizia. Le due donne dovranno affrontare una scelta difficile: lasciare che Chris rimanga felicemente inconsapevole della sua vera vita o aiutarlo a richiamare alla memoria i traumi del passato.


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"Il dolore non è la pura melanconia che immaginano i giovani. E' come l'assedio in una città tropicale. La pelle si secca, la gola è riarsa come se si vivesse nella calura del deserto. L'acqua e il vino hanno un sapore caldo in bocca e il cibo ha la sostanza della sabbia. Si ringhia a quelli che ci stanno intorno e i pensieri pungono nel sonno come zanzare..."



Dopo la trilogia della Famiglia Aubrey e altri romanzi altrettanto chiacchierati, Fazi pubblica il romanzo d’esordio di Rebecca West, che ho avuto la possibilità di leggere in anteprima.
Pubblicato nel 1918, praticamente in contemporanea rispetto al periodo in cui si svolgono le vicende, il romanzo tratta questioni delicate come il primo conflitto mondiale e le ferite invisibili che colpiscono l’animo e la mente dei soldati di ritorno dal fronte.

Protagoniste del romanzo sono tre donne, Jenny, la nostra narratrice, Kitty e Margaret; a dividersi il loro sfaccettato e complicato amore c’è Chris, il soldato che torna dal fronte incompleto, con un amnesia che gli ha fatto dimenticare gli ultimi quindici anni di vita. Niente è rimasto in lui del suo matrimonio con la bella Kitty, della vita che hanno vissuto nella maestosa tenuta di campagna di Baldry Court, o ancora del lutto che ha colpito entrambi quando, cinque anni prima, il loro unico figlio è scomparso prematuramente.
Tutto ciò che Chris ricorda, e di cui non può vivere senza, è Margaret, la donna che ha amato in gioventù e l’unica che sembra in grado di dargli pace e la serenità di cui la sua mente dilaniata ha bisogno.

Inizia così un racconto fatto di ricordi spezzati e a lungo tenuti nascosti, di un tempo in cui la guerra era lontana e con lei i traumi della trincea: il soldato vive in un mondo tutto suo, crogiolato in quella amnesia che gli dà pace, una pace che si incarna in Margaret, donna salvifica che ha una funzione di Beatrice contemporanea. A lei e solo a lei si concede tutto, questa donna che all’esterno viene spesso descritta come vecchia, povera, che trascorre una vita in un matrimonio altrettanto povero e squallido.
In contrapposizione a lei c’è Kitty, il presente, la società edwardiana fatta di salotti e feste, che ora si trova sull’orlo del precipizio: Kitty è un personaggio che inizialmente risulta sgradito, a cui, al contrario della perfetta Margaret, non si perdona nulla, anzi la West non perde occasione, attraverso i pensieri di Jenny, di sottolineare quanto sia inadatta e inutile. Per lei ho provato molta pena: Kitty è anche lei una vittima degli eventi, eppure a nessuno interessa sentire la sua voce; l’autrice stessa la zittisce, relegandola sullo sfondo, al ruolo di personaggio fastidioso, che non ha neanche diritto di manifestare il proprio dolore o il proprio lutto. Sinceramente non mi è piaciuto com’è stata ingiustamente trattata, i pensieri che Jenny le riserva, il modo in cui tutto il suo mondo viene rotto di prepotenza, dissacrato anche nei luoghi più sacri come la nursery del proprio figlio.  Se Rebecca West le avesse concesso la parola, secondo si sarebbe potuto creare un personaggio sfaccettato e molto interessante…
Infine veniamo a Jenny, la cugina di Chris, la persona che ci narra dal suo punto di vista gli avvenimenti che accadono nel giro di qualche settimana: Jenny è un personaggio mediocre, nel senso che non è buono e neanche cattivo, esiste a basta, ha la sola funzione di narrare, mentre risulta inutile nel progredire degli eventi. Nessuno è davvero interessato a lei, neanche Chris, con cui ha condiviso l’infanzia e giornate infinite a Baldry Court; solo Margaret si confessa alla sua presenza, anche se queste confessioni sembrano inserite più ai fini della trama – quindi per sottolineare la perfezione e la beatitudine della donna – che per mettere in luce Jenny. Insomma, per me Jenny è quella cugina/persona che sta sempre in mezzo ai piedi, che si impiccia di tutto, ma di cui se ne può fare a meno. Per quanto mi riguarda, probabilmente avrei preferito un narratore onnisciente che questa voce spesso fastidiosa e ponta a elargire giudizi e critiche non richieste.

Il Ritorno del Soldato si inserisce tra i romanzi che trattano in varie maniere la questione della guerra e cosa questa ha comportato per gli uomini. Il tema di quella che venne chiamata war neurosis o shell shock è presente in romanzi ben più noti come La Signora Dalloway di Virginia Woolf o negli scritti di coloro che la guerra l’hanno vissuta in prima persona. I poeti di guerra sono tanti in quei tempi, molti di loro moriranno suicidi, vittime di un “guasto della guerra” che ha messo in discussione tutto, non solo le dinamiche sociali, ma anche la stessa figura del soldato, non più eroe trionfatore senza macchia, ma uomo fragile e spezzato, i cui resti difficilmente sono rimessi insieme.

Ben conscia che questo sarebbe stato il tema principale di questo romanzo, mi sono buttata a capofitto della lettura, impaziente di trovare una trama più dinamica, un’analisi più approfondita di questa problematica: volevo amare ogni personaggio, volevo entrare davvero nella psiche di Chris, essere disturbata dalla sua storia e dal dolore che la perdita di memoria dell’uomo amato avrebbe causato sulla sua famiglia. Le promesse, purtroppo, non sono state mantenute: come già accennato, il soldato è una macchietta sfuggente, la sua voce è flebile, fugace, si sente pochissime volte. Non sono riuscita in nessun modo ad empatizzare con lui, a volergli bene, ad arrivare alla conclusione del libro davvero interessata al suo futuro.
La stessa cosa vale anche per gli altri personaggi – l’unica per cui ho provato qualcosa è stata Kitty – che avrebbero dovuto reggere il peso di questo romanzo breve, ma che alla fine ne vengono schiacciati.
Alla fine non c’è nessuna gioia per nessuno di loro, come non c’è gioia per il lettore: credo che, semplicemente, al termine di questo romanzo tutti quanti – lettori compresi – ne escono perdenti.

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